Accettiamo le regole, certo. Siamo gente seria. Ma non ci chiedano di condividerle perché una regola può essere legale e allo stesso tempo profondamente ingiusta. Come quella che ha prodotto l’ultimo CCNL dei gestori aeroportuali: firmato con solennità ma costruito in maniera discutibile.
La decorrenza è fissata al 1° gennaio 2025 ma la scadenza precedente era il 31 dicembre 2022. Risultato? Due anni di lavoro evaporati, stipendi bloccati, inflazione divorata e un aumento medio del 6% spalmato su sei anni. Con un'inflazione nel solo triennio 2022-2024 del 17%. Fate voi i conti: noi l’abbiamo già fatto.
Ma il capolavoro è il referendum: il 64% ha votato, dicono. Ma di chi? Dei lavoratori selezionati dalle sole sigle firmatarie. Nel nostro referendum online, promosso da FAST-Confsal, hanno votato circa 600 addetti del settore: il 97% ha bocciato l’intesa.
Si continua a parlare di “democrazia partecipativa”, mentre si escludono precari, si fingono assemblee mai convocate e si impongono risultati senza alcuna gestione trasparente.
Nel frattempo, chi osa dissentire riceve lettere che somigliano più a minacce che a comunicazioni sindacali. Ma c’è chi non molla: FAST-Confsal ha proclamato uno sciopero, nel rispetto della legge ma fuori dai compromessi imposti.
Forse è giunto il momento in cui anche il legislatore si interroghi: se le regole servono solo a garantire la pace sociale per le imprese, allora qualcuno sta tradendo il proprio mandato.
Nel frattempo, i lavoratori restano lì: appesi tra contratti firmati e stipendi negati, tra promesse sventolate e diritti compressi. Ma con un sindacato – uno almeno – che ancora parla.
Anche quando tutti fanno finta di non sentire.