Eppure la chiamano democrazia
Il 6 settembre scorso, quasi il 50% dei lavoratori, in Campania, ha partecipato allo sciopero nazionale. Nessuno se lo aspettava, né noi né l’azienda GE.S.A.C. SpA, al punto che non si è neanche degnata di predisporre una comandata per i servizi minimi. Ha sottovalutato la fame di dignità. Risultato: scontri duri con i dirigenti, caos ai varchi, accordo trovato solo dopo l’intervento della Polizia Aeroportuale. Non per grazia dell’azienda ma per senso di responsabilità dei lavoratori che hanno pensato ai passeggeri.
Lo sciopero è un diritto scolpito nella Costituzione. Inalienabile. Non si chiede permesso per esercitarlo. E infatti a Capodichino si è levata la voce di chi non ne può più: straordinari imposti, salari che non reggono, vita privata calpestata. Ma soprattutto un’ingiustizia che grida vendetta: negare il voto agli stagionali. Anni e anni di lavoro, eppure esclusi dal referendum sul proprio futuro. Non un dettaglio: un marchio d’infamia.
Il 6 settembre anche loro hanno scioperato in massa per dire basta a un destino già scritto: precario a vita. Alcuni lavorano da dieci anni nello stesso aeroporto senza un contratto stabile. Dieci anni, come stagionali. È una vergogna che non si può più coprire con le chiacchiere dei tavoli aziendali.
Noi non ci giriamo intorno, con questo CCNL la strada sarà dura. Ma una certezza resta: il sindacato deve difendere ogni singolo lavoratore. Anche chi non è iscritto. Perché la dignità non è una tessera. È un diritto.