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Martedì, Ottobre 21, 2025

Dopo un’estate in emergenza permanente, i controllori del traffico aereo chiedono formazione, risorse e rispetto. Ma il silenzio aziendale pesa più del rumore dei motori.

L’estate è finita ma il caos resta appeso nel cielo di Roma ACC, dove ogni anno si ripete la stessa commedia: turni forzati, sale operative al limite, addestramenti bloccati e personale costretto a tappare falle invece di formarsi. Il traffico cala, i problemi no. E quando le rappresentanze — tra cui la FAST Confsal AV — mettono sul tavolo una proposta concreta per sbloccare la professionalizzazione dei colleghi, l’azienda sceglie il silenzio.

Silenzio colpevole, verrebbe da dire. Perché il Piano Industriale, quello della “razionalizzazione delle risorse”, continua a divorare ogni spazio di buon senso. Tagliare, efficientare, ridimensionare: verbi che suonano bene nei boardroom ma che nei radar room fanno solo danni. Ridurre il personale e contemporaneamente pretendere efficienza è un ossimoro che neppure un comunicato patinato può coprire.

Roma ACC oggi è un centro logorato con banconi usurati, impianti vetusti e una logistica che sa di dimenticanza. Ma il nodo vero è strategico: si pensa ai droni, alle missioni estere, alle nuove frontiere del business dimenticando che il 95% del fatturato nasce da chi tiene in piedi il traffico aereo, ogni giorno, a ogni ora.

FAST Confsal AV e le altre sigle locali chiedono solo ciò che serve per evitare il collasso: più formatori, processi chiari, risorse per garantire sicurezza e qualità. È una richiesta di buonsenso, non di privilegio.

Eppure, nei tavoli nazionali il buonsenso si perde spesso tra le geometrie variabili dei rapporti sindacali, con alleanze a corrente alternata, patti sottovoce, convenienze che finiscono per favorire una sola parte: le imprese.

Il risultato? I lavoratori restano in attesa, l’azienda tira dritto e la sala operativa più importante d’Italia continua a funzionare per miracolo. Finché dura.